Nereo Laroni - Abstract

Nereo Laroni si iscrisse a sedici anni al partito socialista nella sezione di Malcontenta. Il padre era un operaio e sindacalista vicino al PCI che, per i fatti d’Ungheria, si era spostato verso l’area della sinistra socialista.

Per le ristrettezze economiche seguite alla morte del padre per incidente sul lavoro, abbandonò gli studi e andò a lavorare nello stabilimento della San Marco di Porto Marghera. Assunto con la qualifica di manovale specializzato fu impiegato in ufficio, dove ebbe modo di osservare l’atteggiamento compromissorio di certi sindacalisti verso la dirigenza. La fabbrica aveva alle dipendenze operai poco politicizzati, provenienti per la maggior parte dalla campagne circostanti il polo industriale.

Aderì a un grosso sciopero indetto dalla CGIL e per questo fu licenziato. Trovò un nuovo lavoro, fece l’insegnante di educazione fisica, proseguì gli studi e si laureò in Lettere l’Università di Padova.

Il partito socialista di Venezia aveva una nomenclatura formata dalla borghesia intellettuale e da liberi professionisti, i nomi più noti erano l’avvocato Renzo Sullam, il professor Agostino Zanon Dal Bo, il giornalista ed editore Cesare Lombroso. Accanto ai “maestri” c’era un tessuto di funzionari molto attivi e impegnati. Il PSI era un partito “morandiano”, con una organizzazione molto forte e strutturata: diffuso capillarmente aveva una gerarchia difficile da scalfire e molta disciplina. Il PSI era uno dei due grandi partiti operai e aveva tratti molto simili al PCI.

Laroni durante la sua militanza nel movimento giovanile, di cui divenne uno dei dirigenti nazionali, collaborò con Luciano Benadusi, impegnandosi nei temi della scuola e della formazione. Tra gli intellettuali di riferimento vi era Aldo Visalberghi.

Per seguire gli impegni di partito si recava con regolarità a Roma, partecipava a delegazioni che andavano in paesi esteri, tra cui l’Unione Sovietica, e qui ebbe modo di maturare la sua avversione per il comunismo.

La corrente “lombardiana” che si formò a Venezia tra gli anni Sessanta e Settanta, aveva tra gli esponenti lo stesso Laroni, Gianni De Michelis, Renato Nardi, Umberto Dinelli, l’unico referente istituzionale era Zanon Dal Bo, Consigliere Comunale a Venezia.

Favorevoli al centrosinistra chiedevano però una forte autonomia programmatica nei confronti della Democrazia cristiana e esprimevano un atteggiamento critico verso la segreteria nazionale e locale.

Nei confronti del ‘68 studentesco e dell’autunno caldo degli operai da parte del partito c’era stata una iniziale condivisione delle istanze politiche e rivendicative del movimento, appoggio che si interruppe quando si manifestarono i primi episodi di violenza.

Laroni entrò in Consiglio Comunale nel 1971, subentrando a un altro consigliere dichiarato ineleggibile. Il PSI veneziano aveva all’interno due componenti in competizione tra loro, una faceva capo a Mario Rigo che rappresentava la maggioranza del partito, e il gruppo dei “lombardiani”. Questo antagonismo si rifletteva in Consiglio dove erano presenti in forze esponenti della sinistra di partito e in giunta. Il sindaco Longo dovette affrontare numerose crisi di giunta con conseguenti rimpasti e sostituzioni di Assessori.

La prima parte degli anni settanta furono anni di grande dialogo tra i tre partiti maggiori su temi importanti come la salvaguardia, la Legge Speciale e gli interventi urbanisti per Venezia, dialogo che si concretizzò negli accordi politici del dicembre 1974.

Dopo il successo del PCI alle amministrative del giugno del 1975 il PSI scelse la soluzione politica di rovesciare le alleanze e governare con i comunisti, nonostante vi fossero i numeri per riconfermare la maggioranza di centro-sinistra.

Si formò la giunta Rigo- Pellicani e Laroni chiese l’Assessorato alla Pubblica Istruzione. Si trovò ad affrontare gravi problemi avendo a disposizione scarse risorse finanziarie: gli studenti costretti ai doppi, tripli turni, le poche scuole materne esistenti erano concentrate soprattutto nel centro storico, nessun asilo nido a fronte di moltissime richieste da parte della popolazione.

Per realizzare un piano per l’edilizia scolastica serviva tempo, per cui si decise di ricorrere al mercato privato affittando edifici in centro storico e in terraferma per risolvere le situazioni più critiche. Vi era una forte pressione sociale da parte dei genitori e dei cittadini.

Si orientarono le risorse a disposizione e se ne cercarono di nuove, colui che rese possibile l’operazione fu il vicesindaco e assessore al Bilancio Gianni Pellicani. All’inizio della legislatura PSI e PCI furono molto vicini politicamente, si sentivano gravati dalla responsabilità di realizzare un piano di riforme necessarie alla città.

Una delle discontinuità più evidente rispetto al passato era la presenza a tempo pieno degli assessori in Comune, la cui attività continuava nelle sezioni di partito dove si illustrava ai militanti quello che si faceva all’interno dell’istituzione.

Nel 1978 ci fu una crisi di giunta, all’interno del partito socialista mutarono degli equilibri e si cercò di sostituire Rigo con Renato Nardi. La cosa non riuscì, Rigo si mantenne saldamente in carica e fu riconfermato anche nella giunta successiva (1980-85).

Laroni nel suo secondo mandato aveva lasciato la Pubblica Istruzione per assumere la delega ai Lavori Pubblici e completò il programma amministrativo impostato in precedenza.

Il rapporto tra i partiti della maggioranza era cambiato come era mutato il quadro politico nazionale e nelle elezioni amministrative del 1985 Laroni diventò sindaco di Venezia con una maggioranza composita di sei partiti, il cui nucleo forte era rappresentato dalla rinnovata alleanza DC-PSI. L’esperienza ebbe una chiusura anticipata a causa della fronda interna al suo partito capeggiata da Mario Rigo che poté contare sull’alleanza trasversale del comunista Pellicani e del repubblicano Visentini.