Come immagina la Mestre del futuro e il suo rapporto con le altre parti del territorio veneziano?

Paolo Lucchetta (architetto): La Mestre del futuro mi auguro possa essere l 'espressione di quella che Jan Gehl chiama "The life between buildings". La nuova architettura e la rigenerazione di quella esistente dovrà essere ispirata dalla volontà' di considerare l'architettura alla scala umana ed interattiva.
"Prima la vita, poi gli spazi, poi gli edifici...". E poi certamente, in virtù dei alti prezzi sociali pagati sulla questione ambientale dal suo territorio, ispirata da un sistema valoriale e comportamentale davvero ecologico. L'esistenza personale e collettiva e' infatti basata su una costante ricerca di equilibrio tra protezione ed amore per la natura, ricerca del bene comune, responsabilità' individuale che diventa automaticamente civiltà condivisa.
E' questo il momento in cui il salto dallo scoutismo ingenuo all'ecologismo sistematico e militante, può indicare all'intero nordest una strada da seguire per lo sviluppo di una società armonica.
In questo senso si potrà parlare di Mestre come città di varietà umana, con una disponibilità all'accoglienza che riassume la grande freschezza di un popolo giovane e allo stesso tempo maturo.

Valeria Tatano (architetto): Non faccio previsioni a lunga scadenza, ma posso dire come mi piacerebbe che fosse. Una città con dei buoni amministratori, in grado di indicare delle linee di sviluppo o di cambiamento, sapendo che alcune scelte possono non trovare sempre la totale e immediata convergenza, ma che se sono condotte sulla base di analisi attendibili sono destinate ad allargare il consenso.
Mestre si presenta oggi come una sommatoria di luoghi non concatenati, né sul piano architettonico che delle infrastrutture. Il completamento della linea del tram potrebbe collegare maggiormente Mestre a Marghera, ora inesorabilmente divise dalla linea ferroviaria, ricostituendo rapporti di scambio tra i cittadini, così come potrebbe accadere con Favaro. Ma c’è bisogno di una politica urbanistica che ricucia i lembi di queste realtà, riaggregando funzioni e richiamando i cittadini a vivere parchi, strade, piazze, luoghi “veri”, non i surrogati e le finzioni urbane che troviamo nei centri commerciali o negli outlet village dove il consumismo dilaga, supportato dalla mancanza di alternative. I parchi della Bissuola e di San Giuliano dimostrano che i cittadini li amano e li usano e che il loro carattere aperto e permeabile è una peculiarità importante, capace di richiamare utenti da altri territori.
Piazza Ferretto è un altro forte polo attrattore ma non si è ancora riusciti a costruire un centro più ampio che allarghi la propria influenza positiva ad altre zone della città, decongestionando la piazza e innescando processi di crescita.
Per la zona industriale e portuale di Porto Marghera non bastano invece buone intenzioni. Qualsiasi ipotesi di riconversione deve partire da investimenti di bonifica che rimarginino le ferite di un territorio a lungo sacrificato. Non è impossibile e potrebbe costituire l’innesco di una fase virtuosa di miglioramento per l’intera area veneziana.

Pierluigi Aluisio (informatico): Mestre è e può diventare maggiormente il volto moderno di Venezia. Decisivo in questa direzione è il recupero di Marghera e l’investimento su quest’area della città per la costituzione di un polo dell’innovazione, magari con la costituzione di zone franche per incentivare le imprese.

Andrea Stocchetti (economista): Sono piuttosto pessimista, quindi preferisco non rispondere a questa domanda.

Michele Boldrin (economista): Di nuovo, in parte ho già risposto. Credo che l’attuale zona industriale dovrebbe essere, in parte, progressivamente dismessa e liberata, restituendola alla Laguna, ed in parte integrata ad una Mestre produttrice di servizi ed innovazioni. In quest’area si potrebbero ospitare gli istituti universitari integrandola, via Marghera, con il tessuto urbano di Mestre. Togliere di mezzo la stazione, spostandola giusto sotto la Vesta, servirebbe anche a questo scopo; l’alternativa e’ interrarla: mi sembra sia più costosa che meno funzionale ad un sistema integrato di trasporti. Non torneranno a Mestre le fabbriche chimiche, metalmeccanniche o di chichessia. Non arriveranno nemmeno le fabbriche di cellulari e computer: quelle fra un po’ se ne vanno dalla Cina all’Indonesia e da lì in Africa nel giro di cinquant’anni. Ciò che può arrivare produce pochi beni fisici e va attratto con strumenti nuovi: una grande università che funzioni, un sistema integrato di trasporti, servizi efficienti e di ospitalità sono, assieme alle eccezionali possibilità residenziali che il centro storico e la laguna offrono, le migliori carte che Mestre ha a propria disposizione.

Riccardo Dalla Torre (ricercatore economista): Sarebbe bello se Mestre diventasse la nuova Bilbao (o la nuova Glasgow): una città rinnovata, nell’architettura ma anche nello spirito. Una città da vivere a 360 gradi, dove si lavora e si vive bene. In questo è essenziale far evolvere il rapporto con Porto Marghera: la riqualificazione e il recupero di quest’area sono funzionali al miglioramento della qualità della vita di Mestre, anche in termini di immagine. Quanto al rapporto con la Venezia insulare, invece, deve esserci una sempre maggiore complementarietà di funzioni e servizi: è difficile pensare ad un Veneto metropolitano se non si vive in maniera “metropolitana” tra Mestre e Venezia, muovendosi con bus, tram, treno senza problemi da un posto all'altro per usufruire di tutte le possibilità che la città offre. In questa prospettiva mi piacerebbe Mestre diventasse la città della mobilità sostenibile: sempre più bus, tram, treni, biciclette e soluzioni come il car-sharing o il bike-sharing per migliorare la vivibilità della città.

Massimo Russo (giornalista): Mi piacerebbe diventasse un luogo d’elezione per la classe creativa.

Maurizio Carlotti (direttore televisivo): La laguna deve cessare di essere elemento di separazione e trasformarsi nell’elemento che riunifica il Municipio. Più che una metropolitana, serve una linea circumlagunare, a trasporto misto, un sistema circolatorio e radiale capace di vertebrale e integrare Centro Storico con la Terraferma, da Malcontenta a Quarto d’Altino fino ai lidi. Lungo la gronda di terraferma, da Fusina alla Zona Industriale, da Porto Marghera al Forte, da San Giuliano a Tessera, lungo i canali e i fiumi che sfociano in laguna, possono essere installate (i) attrezzature e insediamenti di terziario avanzato, (ii) campus di ricerca tematici, (iii)capacità ricettiva e rampe di connessione turistica con il resto della laguna, (iv) strutture nautiche e cantieristiche, (v) edilizia residenziale eco-compatibile per lo sviluppo della città.

Massimo Donà (musicista): Come dicevo prima, la immagino come una rete fatta di vari poli o centri produttivi che, a livelli diversi, operano in diversi settori. Che, in ogni caso, dovrebbe impegnarsi a produrre e immaginare il futuro. Che disegna il possibile, e fa di questa elaborazione del “possibile” il corpo stesso della sua realtà. Mestre dovrebbe quindi connettersi alle altre realtà venete vicine (come Padova e Treviso) e rafforzare la propria strategia individuando possibili collaborazioni e contributi che le consentano di far percepire e riconoscere la bontà del proprio lavoro progettuale anche sul territorio veneto più in generale.

Emanuele Pettener (scrittore): La zona portuale di Marghera deve essere riqualificata in toto e riconvertita ad usi commerciali/direzionali/sportivi/fieristici/naturalistici. È un delitto consumare ancora territorio vergine (vedi quadrante di Tessera o il guaio già fatto nell'area "Auchan" sul Terraglio).
Se nascesse un grande ente fieristico a Marghera, con vicino il terzo areoporto italiano, le altre fiere del Veneto (esclusa forse solo Verona) potrebbero chiudere.
Bisogna riconvertire a barene e zone di oasi tutte le aree dismesse e marginali meno inquinate.
Bisogna trasferire a Marghera, in una zona attrezzata, tutta la parte di commercio e depositi di materiali che insistono sulla zona Piave di Mestre evitando il negozio/deposito selvaggio in zona stazione.
Il nuovo stadio, per esempio, va fatto a Marghera.
Manca l'agenda 21 locale a Mestre e Marghera: il comune l'ha buttata nel cestino.
Manca una "vision" sulla stazione ferroviaria, zona di pregio e invece lasciata nel degrado.
Bisogna evitare assolutamente altri insediamenti di villette e condomini su terreni vergini, ma riqualificare il centro di Mestre con incentivi all'abbattimento e alla ricostruzione.
Mestre deve avere un'autonomia propria all'interno del comune. Se l'operazione di delegittimare il nome di Mestre continua ci troveremo che tra un po' Carpenedo si chiamerà Venezia Nord e Zelarino Venezia Ovest.

Roberto Compagno (imprenditore): Un'altra grande valenza di cui Mestre è dotata è Marghera.
Inquinamento, degrado, sofferenza e dolori ma anche una grande cultura industriale. Nel dopoguerra l’area industriale di Marghera ha attratto lavoratori di tutti i livelli da ogni parte d’Italia, Questi flussi hanno fatto crescere Mestre troppo velocemente, ma con una cultura di città e non da piccola provincia veneta chiusa in una cultura locale ed autoreferenziale. La sfida è trasformare il luogo industriale del XX secolo in una grande area (che potrebbe diventare bellissima) che generi nuovo valore per vari settori produttivi e di servizi e che includa anche progetti abitativi. Promuovere in quest’area investimenti per produrre nuove tecnologie, sfruttare la vocazione culturale di Venezia per facilitare la ricerca applicata all’industria e il design industriale.

Valeria Benvenuti (ricercatrice): Marghera, che è stata la fortuna di molti mestrini, deve diventare un nuovo polo produttivo dove si concentrano attività innovative. Mestre deve sfruttare al massimo la propria posizione strategica tra est e ovest d’Europa, deve essere il punto di incontro di cervelli, di sapere, di conoscenze. Mestre deve sfruttare al massimo il vantaggio che ha di essere anche un po’ Venezia, ma deve farlo inseguendo un proprio obiettivo di sviluppo reale e sostenibile. Il Centro Storico è e rimarrà il Centro Storico, Mestre deve diventare la spalla sulla quale creare quelle iniziative ad alto valore aggiunto che solo in un territorio ricco e promettente come quello di Mestre può offrire. Mestre non può rimanere un semplice “satellite” che ruota attorno a Venezia.
Michele Brunello (architetto): La Mestre del futuro ha bisogno di una visione che ne guidi lo sviluppo fin da oggi. Immagino una città aperta, frizzante, più numerosa perché i giovani saranno attratti dalla qualità di vita e dalle possibilità di lavoro che si concretizzeranno. Immagino una Mestre che risolve finalmente il nodo del suo rapporto con Venezia senza più vivere alcun senso di inferiorità. Immagino una Mestre che viene conosciuta in Italia e all’estero perché è luogo di produzione culturale, riferimento economico, città simbolo di qualità della vita, luogo di sperimentazione urbana.
Oggi però osservo mancanza di coraggio, mascherata da prudenza, nel parlare e progettare il futuro di Mestre. Prendiamo solo Marghera, come esempio, per dire che l’immobilismo attuale è effetto di una mancanza di visione e che urgono invece regole generali e di sviluppo che accompagnino le importanti trasformazioni che questa area deve affrontare. Per capire se Marghera deve diventare un luogo residenziale con megadarsene e posti barca oppure se a Marghera deve rimanere il petrolchimico con il ciclo del cloro c’è bisogno di una visione generale di sviluppo di Mestre e Venezia.
Ad oggi trovo solo progetti velleitari o visioni a breve termine.
Andrea Jester (consulente finanziario): Mi piacerebbe immaginare una città che renda agevole e veloce transitare da e verso qualsiasi parte del territorio veneziano (senza ad esempio dover cambiare 4 mezzi per fare 4 chilometri), una città proiettata verso nuovi settori (perché non ragionare sull’Agenda i2010-i2020 e fare di Mestre una città delle nuove tecnologie ICT invece che continuare – con tutto il rispetto per chi vi lavora – a dibattere su chimica si e chimica no)? Apprezzo molto il progetto legato agli hot spot ma ora si passi a costringere l’operatore ancora monopolista in Italia per rendere la banda veramente larga e non solo un puntino verde che si illumina sul wireless detector. La città abbia il coraggio di imporre le proprie esigenze.