A VENEZIA GLI STESSI POTERI PREVISTI PER ROMA CAPITALE

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Quale "specialità" per Venezia nel XXI secolo? È una domanda alla quale non possiamo sfuggire se vogliamo pensare concretamente al futuro della città.
Mezzo secolo fa il Parlamento dichiarava "la salvaguardia di Venezia e della sua laguna un problema di preminente interesse nazionale". E aggiungeva che "la Repubblica ne assicura la vitalità socio-economica". Era nata la Prima Legge Speciale per Venezia, la 171 del 16 aprile 1973.
Ancora oggi quelle due frasette restano i pilastri su cui poggia la specialità veneziana. Ma 50 anni dopo gli obiettivi, così bene sintetizzati dai legislatori dell’epoca sono stati raggiunti? Abbiamo cercato di rispondere nel corso della giornata di studio della Fondazione Pellicani.
Dal focus sulle risorse abbiamo appurato che sono stati spesi circa 11,5 miliardi, di cui solo 2,8 per la città e il resto, oltre 8,7 miliardi, sono andati al Consorzio per il Mose. Parte dei quali sprecati, oggetto di scandali che hanno tanto umiliato la città.
Oggi è sotto gli occhi di tutti l’urgenza di Ri-Pensare la specialità di Venezia per renderla più aderente alle esigenze della città contemporanea e uscire da quell’impasse che sta diventando la condanna di Venezia. Lo testimonia anche la riuscita della manifestazione cittadina di Campo Sant’Angelo.
Negli ultimi anni tutti i tentativi di riformare la legislazione speciale si sono persi per strada. Per cercare di rispondere alle emergenze si è perciò proceduto a strappi, attraverso decreti ed emendamenti per consentire alla città di sopravvivere. Provvedimenti che spesso poi non vengono applicati e si perdono anch’essi nelle nebbie. Basti pensare alla scorsa legislatura, in cui sono stati adottati: la tassa di sbarco, il Centro Internazionale per i cambiamenti climatici, la Zls, l'Autorità per la Laguna, il Concorso idee per il porto off-shore, la regolamentazione delle locazioni turistiche e lo stop alle Grandi Navi in Bacino. Dei sette provvedimenti principali approvati solo quest’ultimo è stato finora applicato. In compenso sono stati nominati ben 6 commissari straordinari nella vana speranza di aggirare così la paralisi dovuta al fallimento dei meccanismi di governance.
È auspicabile che l’Autorità venga istituita al più presto e semplifichi almeno un po’ il labirinto di competenze. Ma sarà in grado di risolvere il nodo di fondo, vale a dire la frammentazione e i conflitti di competenze tra i vari enti? Ovvero quale specialità è necessaria per il futuro di Venezia?
Uno spunto di riflessione arriva dalla legge per Roma Capitale, approdata alla Camera la settimana precedente alle dimissioni del governo nel luglio scorso e ora sarà ripresa dal nuovo Parlamento. La proposta di riforma, mediante la modifica il Titolo V della Costituzione, assegna una inedita autonomia alla capitale del Paese, attribuendo al Comune di Roma potestà legislativa e risorse adeguate sulle medesime materie che la Costituzione assegna alle Regioni, fatta eccezione per la Salute.
È una strada perseguibile anche per Venezia?
La proposta per Roma Capitale ha avuto il merito di riportare al centro del dibattito politico-istituzionale il tema delle grandi città italiane a vocazione internazionale.
Penso ovviamente a Venezia per la sua unicità, ma anche a Milano e Napoli per il ruolo che svolgono. Una riforma seria in tema di autonomia, di cui si parla molto, non può dimenticare la funzione strategica delle grandi città, soprattutto alla luce del fallimento della legge sulle Città Metropolitane.
Oggi nel mondo le sfide sono tra grandi piattaforme urbane. Negli ultimi decenni la globalizzazione ha mutato gli scenari, ha rafforzato i poteri economici e finanziari e perfino potenziato le reti criminali. Tutto ha cambiato scala, meno il potere democratico che esprime l’interesse pubblico.
Ecco perché Ri-Pensare Venezia vuol dire anzitutto Ri-Pensare alla sua specialità normativa, ovvero aprire una nuova stagione scrivendo un’agenda condivisa sulle cose da fare nell’esclusivo interesse di Venezia, in cui parlare di autonomia e di federalismo fiscale, non sia più un tabù.
Con l’obiettivo di affrontare in modo unitario il "Dossier Venezia", per rispondere pienamente ai problemi della città.
Il rischio concreto è che Venezia perda definitivamente la sua dimensione urbana.
Per questo è il momento di inaugurare un cantiere per le riforme, per Venezia e le altre grandi città italiane a vocazione internazionale, che affronti l’ipotesi di agire, non solo per Roma, sul titolo V della Costituzione. Venezia non può più attendere.