Nereo Laroni - Brani dell'Audiointervista

Gli incontri sono avvenuti il 7 e il 16 marzo 2009, il primo in Fondazione Pellicani, il secondo nello studio di Laroni a Mestre. Le conversazioni registrate durano complessivamente due ore e mezza.

 

Gli anni della formazione e dell’inizio in politica

Io mi sono iscritto esattamente mezzo secolo fa al partito socialista, avevo sedici anni allora. Avevo avuto in quell’epoca simpatie repubblicane, e poi, per una ragione squisitamente famigliare, mio padre era comunista e nell’ultima fase si spostò nella sinistra socialista e fu questa l’imbeccata. Lui aveva passione politica e io pure, anche se non faceva attività di partito, faceva sindacato, era operaio a Porto Marghera e morì in un incidente di lavoro.

La passione politica ce l’avevo anche quando facevo le medie, vinsi un concorso con un tema di italiano sul Papa di allora, che era Giovanni XXIII. E’ una passione, uno ce l’ha nel sangue. Poi ho fatto la trafila della Federazione Giovanile […], mi sono iscritto nella sezione del partito socialista di Malcontenta. […] Lì c’erano una serie di personaggi interessanti, dirigenti sindacali che avevano fatto la Resistenza. […] Lì cominciai. Ho fatto il dirigente della Federazione Giovanile anche a livello nazionale, mi occupavo della scuola e della formazione. Poi feci il mio primo viaggio in Unione Sovietica, mi pare che fosse nel ’60, ’61 con la FGSI e lì divenni anticomunista, caratteristica che mantengo intatta e che anzi ho vieppiù rafforzato.

Devo dire che il detonatore è un episodio che ricordo perfettamente. Come quando si andava in Cina, si visitavano sempre le stesse cose, percorsi obbligati. Visitammo una fabbrica, io ero reduce dalle letture gramsciane, quali “Americanismo e fordismo”1. Si parlava dell’automazione, della produzione nelle catene di montaggio, e domandai a questi dirigenti come fronteggiavano questo pericolo. Loro mi chiedevano di cosa stessi parlando, non capivano!

Poi alla fine conclusero “Marx non ha scritto da nessuna parte che il lavoro fa male”, e lì fu chiuso il ragionamento e io capii che era un altro mondo, almeno quel comunismo attuato e praticato. Da quella volta fui molto più prudente, almeno sulle letture sull’Unione Sovietica che continuo a fare, poi scrivo romanzi2 … Il mese prossimo esce il secondo sulla distruzione dei nomadi in Asia Centrale3, però a parte la passione letteraria che è legata alla storia dell’Unione Sovietica, che coltivo in maniera abbastanza approfondita, è rimasto uno degli elementi che orientano anche i comportamenti politici.

Poi ne feci altri in Unione Sovietica, per la verità credo di esserci andato venti, venticinque volte. Ho visitato le Repubbliche non russe, la Georgia, l’Arzebaigian, il Tatarstan, il Kazakistan, ma questo nel periodo più tardo. Nel frattempo era morto mio padre in fabbrica e, come si usava all’epoca, fui assunto nella fabbrica dove lavorava con la pregevole qualifica di “manovale specializzato. […]

[Avevo] diciassette [anni]. Partecipai al primo sciopero alla Montedison, all’epoca Sicedison4. I sindacalisti erano CISL e UIL, i referenti erano proprio nel reparto dove ero io e quando c’era lo sciopero andavano su dal direttore a chiedere cosa dovevano fare, mentre la CGIL era molto forte, molto aggressiva. Dirigente nella mia fabbrica c’era uno che mi pare si chiamasse Muraro, aveva una moto e andavamo in giro nelle assemblee …, con don Berna5 che mi prendeva sottobraccio e mi diceva “Tu stai con questa gentaglia? Ma sei matto! Tu che sei un ragazzo brillante, andare con questa gente qui!” E questo rafforzava il mio impegno, e lì facemmo il primo sciopero della Sicedison, la più grande fabbrica di Porto Marghera che non aveva mai scioperato. […] Siamo nel ’60, ’61. Non aveva mai scioperato perché era tutta manodopera di campagna, con una agricoltura di sussistenza. A casa avevano l’orto, il campo, per cui il lavoro consentiva una vita migliore di quella degli operai della prima zona industriale che era un’industrializzazione d’anteguerra, anche se la San Marco6, dove lavoravo io, apparteneva a questa prima fase, e la Sade stava passando alla Montedison.

[…] All’interno del partito socialista ero […] in una sinistra filocinese, allora c’era una componente legata a Potere operaio7 e a delle posizioni molto radicali, c’era il mito di Mao8. […]

Dopo questo sciopero mi licenziarono9, [chiamarono] mia madre “Ma questo ragazzo!” Mia madre rispose “Se fa queste cose vuol dire che si sente di farlo!”. Tutti amano la madre, io l’ho amata di più dopo questa risposta! Mi licenziarono [e di questo] licenziamento sono molto grato perché probabilmente sarei ancora lì.

[…] E cominciai a fare politica in maniera attiva, nel frattempo tra l’Ungheria, Praga, ho subito una evoluzione politica, ho incontrato De Michelis10 e una serie di altre persone, ho militato nell’area lombardiana [che] era fatta da personalità di un certo livello, c’era Zanon Dal Bo11, Renzo Sullam12, […] c’era questa intellighenzia, erede dell’ala più borghese del partito socialista. […] Esponente di punta di quell’area era Umberto Dinelli13, aveva un ruolo notevole, è un uomo di spessore, di grande intelligenza, faceva il primario a Villa Napoleon, la casa di cura per malati di mente.

Poi conosco Gianni Pellicani14 e gli esponenti politici di quell’epoca. Gianni non lo conoscevo prima perché era …, come dire? Dell’area professionale di Mestre, io ero fuori da questo mondo, abitavo a Malcontenta, mi ero sposato poi nel ’69 e sono andato a abitare a Favaro.

[…] C’era Gagliardi15 che era uno dei leader [della DC], lo incontrai a Malcontenta […] poco prima di morire in una riunione, mi colpì il fatto che era un democristiano anomalo.

Era un uomo interessante, aveva una forte impostazione sociale. Tenga conto che allora non correva buon sangue tra socialisti e democristiani, c’era un certo disprezzo reciproco, noi venivamo da un periodo di Fronte popolare, dopo era cominciata l’evoluzione ma qualcosa era rimasto nel sangue, per cui mi ricordo distintamente che fui sorpreso dell’uomo. E cominciò questa discussione sugli “equilibri più avanzati”, iniziò la collaborazione.

 

I “compagni”

Con Rigo16 e compagnia [eravamo] molto contrapposti. Comunicanti per forza perché gli organi di partito erano comuni, però eravamo radicalmente in contrasto. Sono due mondi completamente diversi! E sono rimasti diversi fino a oggi.

Diversa politica, diversa origine, diverse matrici culturali, noi molto ideologizzati, Mario Rigo in una notte ha cambiato il suo simbolo di partito, siccome ha visto che la Lega prendeva i voti, ha fatto subito dopo la distruzione del PSI “Liga Autonomia Veneta”. […] Lui era un duttile, percettore di sensibilità e di direzione del vento, si adattava con molta prontezza. Noi eravamo più rigidi. [Rigo] era popolarissimo […] perché aveva un atteggiamento popolare! Io ricordo la differenza di quando fece il Sindaco lui e quando lo feci io. Quando faceva il Sindaco Rigo non stava un minuto in ufficio e stava con i gondolieri piuttosto che … Poi quando c’era da scrivere il messaggio di fine anno mi chiamava e mi diceva “Nereo cosa gavemo fato? Te me buti zo do righe?” E io gliele buttavo giù. Quando feci il sindaco io non andavo mai col popolo, ed ero meno popolare. Ero impegnato a mediare tra sei partiti che componevano la coalizione, [lavoravo] sui contenuti. Erano due impostazioni diverse, sicuramente la sua molto più di successo.

[…] Direi che Renato [Nardi]17 era il prototipo dell’eminenza grigia, era sottile, forse l’uomo più intelligente che abbia prodotto la città, senza nulla togliere agli altri di cui abbiamo parlato, l’intelligenza più sottile e raffinata era quella di Nardi. […]. Solo che nessuno ne ha scritto la storia perché è morto davanti ai miei occhi, in una serata tragica, e poi la gente se ne è dimenticata.

[…] [Gianni De Michelis] dal punto di vista politico è quello che sappiamo, che gli è riconosciuto da tutti. Di solito non viene citata la sua straordinaria capacità di lavoro, mi ricordo che quando c’era da fare una cosa stavamo anche tre notti senza dormire, si andava via dritti fino a che non l’avevamo fatta! Lui poteva recuperare su una lama di coltello, stendendosi sopra. Riposava dieci minuti e recuperava tutto, [mentre] quelli che di noi avevano più bisogno di sonno si trovavano in difficoltà. Quindi oltre un’intelligenza molto raffinata, molto brillante, come è noto, aveva anche questa grande capacità di lavoro e aveva un senso del potere molto pronunciato. Era in grado di reggere il confronto con gli altri. […] Lui aveva la comprensione politica delle dinamiche locali e internazionali, che erano tutte legate. Noi arriviamo vent’anni dopo a questa percezione, a questa consapevolezza. Erano legate anche prima, ma ciascuno privilegiava la dimensione locale o nazionale, lui contestualizzava sempre tutto perché aveva una visione globale delle cose, questo è un altro degli elementi distintivi.

[…] I comunisti …, fu una dura battaglia, un duro confronto perché Pellicani era come De Michelis, sono simmetrici da questo punto di vista. Non passava nulla che Gianni Pellicani non avesse interiorizzato. Quando l’aveva digerita lui, allora la cosa passava. E se qualcuno pensava di saltarlo, era morto! Lui era il catalizzatore di tutto, ma di tutto, tutto! Non c’erano eccezioni! Questo è uno degli elementi …, può chiederlo a chiunque abbia lavorato gomito a gomito con lui.

Accanto alla prima fase che fu esaltante, di costruzione di nuove prospettive, io mi ricordo che la vissi con molta partecipazione, e dicevo l’altra volta che durante il periodo estivo, credo avesse la famiglia in montagna, mi fermai a dormire più di qualche volte a casa sua, perché si lavorava fino a tardi e lui era solo e mi diceva “Dai sta qua co mi, dormi qua che doman de matina ricomincemo!”. Io la ricordo questa fase come qualcosa di esaltante, poi quando ci siamo assestati sul potere, prevalsero gli elementi di “bottega”, ciascuno tutelava la sua “ditta”. Siccome non si tratta di fare l’agiografia, credo, se Pellicani fu l’artefice di molte cose straordinarie fatte, fu anche la ragione del blocco di molte altre! […]

Mi ricordo una cosa molto bella che disse lui quando ci furono i morti al Petrolchimico18, parlò il Patriarca e poi lui, e quando andammo via mi prese sottobraccio e mi disse “Questi vinse sempre perché i ga calcosa de più da prometere, anca dopo. Mentre noialtri no gavemo da prometeghe questo!” Ed era una sintesi devo dire molto azzeccata.

[…] Quando divenni Sindaco, lo ricordo distintamente senza che cambiassimo minimamente i nostri rapporti interpersonali, io ero seduto sul mio banco, Pellicani passava sotto “Nereo o te te dimeti o ‘ndemo vanti cusì”. Usciva, faceva mancare il numero legale e non si decideva niente. L’avrà fatto venti volte. Poi riuscì a stabilire l’asse con Visentini19 e con Rigo che erano i vecchi rapporti di sempre e mi fecero fuori. Ma […] Pellicani io lo giustifico, era il mio avversario politico, io avevo fatto una scelta politica tendente a escludere il PCI […]

 

Indice dei nomi

Armando don Berna

Gianni De Michelis

Umberto Dinelli

Vincenzo Gagliardi

Giovanni XXIII

Mao Tze Tung

Karl Marx

Muraro

Renato Nardi

Gianni Pellicani

Mario Rigo

Renzo Sullam

Bruno Visentini

Agostino Zanon Dal Bo

 

1 A. Gramsci, Quaderno n. 22, Americanismo e fordismo. Gramsci propone una riflessione sullo sviluppo capitalistico americano e sull’organizzazione del lavoro di Taylor e Ford che comporta la dequalificazione del lavoro operaio. L’operaio adeguandosi al funzionamento meccanico e automatico della macchina perde le caratteristiche proprie del lavoro artigianale, specializzazione e creatività, per ridursi a “gorilla ammaestrato”.

2 N. Laroni, L’amico di Stalin, Marsilio Editori 2003.

3 N. Laroni, Il profumo dell’erba, Marsilio Editori 2009.

4 SICE, Società industrie chimiche Edison, era in via Elettricità a Marghera. Produceva cloro soda, ipocloriti, cloruro di vinile monomero e tetracolorometano e trielina. Dal 1955 fu chiamata Sicedison. Cfr. O. Favaro, Un cardellino in gabbia, Quaderni di storiAmestre, n. 8, 2008, pp.82-83.

5 Don Armando Berna, fu parroco della chiesa di Marghera Gesù Lavoratore dal 1954 al 1974. Don Berna era in contatto con gli uffici personali delle fabbriche di Porto Marghera e patrocinava a sua discrezione le assunzioni degli operai.

6 Società industriale San Marco, era in via Elettricità a Marghera, nel 1956 fu incorporata nella Edison settore chimico e la sua attività era incentrata nella produzione di acetilene. Cfr. O. Favaro, Un cardellino cit., pp.85-86.

7 Potere operaio era il nome di una rivista e di una organizzazione politica. Il gruppo politico nacque nel 1967 da un nucleo di intellettuali che aveva dato vita alla rivista di dibattito teorico “Classe operaia”, nata a sua volta da una scissione della redazione di “Quaderni rossi” di Renato Panzieri. Il primo numero di “Classe operaia” uscì nel febbraio del 1964. Mensile di battaglia aveva come sottotitolo “Giornale politico degli operai in lotta”. La sede ufficiale era a Roma con sedi periferiche molto attive a Firenze, Milano, Torino e Venezia. Veniva distribuito ai lavoratori davanti ai cancelli delle fabbriche nelle grandi zone industriali del nord e del centro Italia. Oggetto della critica era il PCI e il sindacato, i cui dirigenti erano considerati un ostacolo alla realizzazione di una politica attenta ai reali bisogni della base operaia. La redazione veneta aveva come referente Antonio Negri. Quest’ultimo, insieme a Luciano Ferrari Bravo scriveva su “Il Progresso Veneto”, settimanale della sinistra socialista di Padova, le cui analisi muovevano dall'esigenza di comprendere le trasformazioni economiche e sociali che investivano la regione. L'ultimo numero di “Classe operaia” è del marzo 1967. Nello stesso mese uscì il primo numero di 'Potere Operaio giornale politico degli operai di Porto Marghera'. Alla pubblicazione facevano riferimento i gruppi operaisti di Modena, Bologna e Ferrara. Questi insieme ai veneti diedero vita al raggruppamento di Potere operaio veneto-emiliano. I leader di riferimento erano Negri, Vesce e Bianchini. I militanti si trovavano davanti ai cancelli delle più grosse fabbriche chimiche e metalmeccaniche per diffondere la rivista e discutere con gli operi dell'abolizione dei cottimi, dei lavori nocivi, di orario e di rivendicazioni salariali. Uno dei primi convegni di Potere Operaio veneto-emiliano si tenne in un bar a Mestre nel settembre del 1967. I rapporti con le organizzazioni sindacali erano tesi fin dall'inizio. L'azione di proselitismo e sensibilizzazione condotta dai militanti diede i suoi risultati nel 1968, quando i giovani operai chimici di Porto Marghera contestarono aspramente il sindacato sul premio di produzione e sugli obiettivi del rinnovo contrattuale nell'estate del 1969. Particolarmente combattivo era il comitato operaio del Petrolchimico che, in alcune fasi, costrinse il sindacato in una posizione difensiva contestandone la leadership delle rivendicazioni operaie. Cfr. A. Grandi, La generazione degli anni perduti, Torino 2003, pp. 25-35; L. Urettini, L'operaismo veneto da 'Progresso Veneto' a 'Potere Operaio', in Il lungo decennio, a cura di C. Adagio, R. Cerrato , S. Urso, Verona 1999, pp. 173-204.

8 Mao Tze Tung, (1893-1976) fu uno dei fondatori del partito comunista cinese e presidente dal 1949 al 1959 della Repubblica popolare cinese. Nel 1966, contrapponendosi a Liu-Shao-chi capo di una fazione avversaria, creò il movimento delle “guardie rosse” e diede il via alla “grande rivoluzione culturale proletaria”, che in Italia fu seguita con grande interesse dai giovani e dagli studenti di sinistra e di cui si mitizzarono il protagonismo e la creatività delle masse popolari.

9 Il 2 febbraio del 1960 alla San Marco è proclamato uno sciopero unitario dimostrativo di due ore. Si chiedeva: aumento del premio di produzione, il secondo piatto in mensa, l’assunzione di una certa quota di lavoratori stagionali. Nei giorni successivi si ebbero altre iniziative che bloccarono la fabbrica per più di otto ore, coinvolgendo anche i turnisti. Cfr. a cura di D. Resini, Cent’anni a Venezia. La Camera del Lavoro 1982-1992, Venezia 1992, p.454

10 Gianni De Michelis, cfr. Dizionario biografico dei veneziani.

11 Agostino Zanon Dal Bo, [Vittorio Veneto 1902, Venezia ?] professore di lettere e pubblicista fu uno dei fondatori del Partito d’Azione a Venezia e nel Veneto. Fu incarcerato dal dicembre del ’43 al febbraio del ’44, trasferitosi a Vittorio Veneto fece parte del CLN fino alla Liberazione. Fu Assessore nei primi anni sessanta e Consigliere Comunale a Venezia dal 1956 al 1970 per il PSI.

12 Renzo Sullam avvocato e antifascista veneziano era stato arrestato e incarcerato nel 1941con Sandro Gallo e Renato Maestro. Dopo il luglio del ’43 partecipò alla riorganizzazione del partito socialista in città.

13 Umberto Dinelli, medico e scrittore è autore di Rosso sulla laguna, Del Bianco Editore, 1970.

14 Gianni Pellicani, cfr. Dizionario biografico dei veneziani.

15 Vincenzo Gagliardi, cfr. Dizionario biografico dei veneziani.

16 Mario Rigo, uomo politico socialista nella sua lunga carriera ha ricoperto numerosi incarichi, tra i quali Consigliere Comunale a Noale e a Venezia, Consigliere Provinciale, vicesindaco e sindaco di Venezia, senatore, parlamentare europeo. Fonda nel 1989 il movimento autonomista Lega Autonomia Veneta.

17 Renato Nardi esponente della sinistra socialista, è stato Consigliere Comunale e Assessore della Giunta Longo, Consigliere e Assessore ai Lavori Pubblici nella Giunta Rigo-Pellicani. Morì a causa di un incidente automobilistico insieme alla sua compagna nel 1980.

18 L’incidente accadde al Petrolchimico il 22 marzo del 1979, morirono tre tecnici a causa dell’esplosione di una bombola di acido fluoridrico nel laboratorio dove stavano lavorando. Il Patriarca di Venezia era Marco Cè.

19 Bruno Visentini cfr. Dizionario biografico dei veneziani.