Cosa significa essere una persona di talento oggi?


Paolo Lucchetta (architetto): Si può ragionevolmente condividere che il talento di per se stesso sia un dono, un'inclinazione naturale che ognuno di noi, in misura diversa, possiede e di cui il riconoscimento, la valorizzazione, l'espressione dovrebbero essere pregni i percorsi formativi nella nostra società.
Il fattore decisivo sembra invece essere il progetto, la passione con i quali le persone che sanno riconoscere il proprio talento, decidono di condividere socialmente il capitale individuale. Da queste scelte e dagli spazi che si generano nella società dipende in gran parte la qualità della nostra condizione. Potrei quindi azzardare che essere un talento oggi ha molto a che fare con una sorta di senso della responsabilità condivisa da cittadini fortemente impegnati a costruire, ciascuno sul proprio talento individuale, il futuro del mondo che ci circonda, un'ipotesi più che possibile, perché in parte c’è già.

Valeria Tatano (architetto): Talento è parola desueta oggi, almeno nel campo intellettuale giacchè nello sport e nello spettacolo ne è ricorrente l’impiego, ma se si parla di capacità imprenditoriali o interessi culturali non è frequente usare questa parola, forse anche per pudore. Pudore di non poter più dare per scontato che chi ha talento possa svilupparlo e vederlo riconosciuto, né che esso conti davvero in una società che tende a privilegiare il potere economico e politico alla cultura e alla conoscenza.
Il talento è un dono e lo è altrettanto l’identificarne l’esistenza. Dovrebbero essere famiglia e scuola a rintracciarne i segnali, ma temo che soprattutto la seconda faccia fatica a distinguere le doti reali di alcuni, che si manifestano in giovane età in forme confuse, spesso celate da esuberanza e agitazione (fisica e intellettuale), caratteristiche che di solito non piacciono agli insegnanti.
Non vogliamo vedere il talento in chi ce l’ha perché questa consapevolezza indurrebbe a una responsabilità: coltivare e far crescere quel talento, che ha bisogno di cure e attenzioni e quindi di tempo, elemento ormai contabilizzato e dotato di valore economico che qualcuno deve corrispondere.
Sono d’altra parte convinta che anche chi è apparentemente privo di talento possa con il tempo costruirsi delle qualità nel proprio campo, con lo studio, le letture, la curiosità. Tutti possiamo trovare dentro di noi un piccolo talento e farlo crescere, se abbiamo la forza per svilupparlo e, soprattutto da giovani, la fortuna di incontrare un mentore, un riferimento, una guida, dotato di uno spirito critico che non ci faccia smarrire la via maestra.

Pierluigi Aluisio (informatico): Nel contesto economico e sociale attuale essere una persona di talento significa anche essere coraggioso. Non basta avere delle capacità: serve anche il coraggio di esprimerle.
Avere talento oggi vuol dire avere il coraggio avere idee e comunicarle, avere il coraggio di sognare, di provare ad emergere, di rischiare e saper coinvolgere altre persone nei propri progetti.
Significa avere il coraggio di guardare oltre, con prospettiva. In questa società immobile, politicizzata e gerontocratica essere una persona di talento significa avere il coraggio di esplorare nuove strade; le proprie.

Andrea Stocchetti (economista): Oggi come ieri il concetto di talento evoca una predisposizione positiva che può essere specifica o generale e che tuttavia richiede una valorizzazione e un ambiente favorevole per tradursi in risultati tangibili.

Michele Boldrin (economista): Di per se credo l’espressione “persona di talento” abbia lo stesso significato che aveva 10 o 100 anni fa, ossia una persona con capacita’ intellettuali, cognitive, artistiche o manuali superiori alla media. Non necessariamente tutte assieme, ma almeno alcune. Altrettanto ovviamente, il talento o i talenti naturali non servono a molto se non vengono coltivati, applicandoli a conoscenze ed abilita’ che vanno acquisite. Da questo punto di vista, le cose son rimaste le stesse da svariati secoli a questa parte. Sono cambiate le attivita’ su cui i talenti si applicano ma, anche in questo caso, il cambio e’ piu’ apparente che sostanziale. Alla fin fine, che scriva con un computer o con una penna stilografica, lo scrittore continua a scrivere testi; che lo faccia al CERN, in un enorme acceleratore, o in un piccolo e rudimentale laboratorio in via Panisperna, il fisico delle particelle si pone domande che sono formualte in termini analoghi a quelli di ottanta anni fa e che, infatti, sono scaturite dalle risposte che allora si diedero al precedente insieme di domande; chi progetta ponti, risolve problemi che sono simili a quelli di 800 anni fa essendone, in un certo senso, la continuazione. Il talento e’ distribuito fra gli umani dalla natura ma la sua valorizzazione e’ affare degli umani che creano le condizioni perche’ si realizzi.

Riccardo Della Torre (ricercatore economista): Quando sento parlare di “talento” penso subito alle idee. Però le idee e la genialità da sole non bastano. Credo che oggi essere una persona di talento significhi avere qualcosa da dire (che sia originale, nuovo, diverso, ma anche fondato su basi solide e concrete), avere il coraggio di dirlo e soprattutto cercare in tutti i modi di metterlo in pratica. Al tempo stesso, essere una persona di talento oggi, secondo me vuol dire saper ascoltare, capire, leggere, guardarsi intorno, assorbire il più possibile da ciò che ci circonda: mi riferisco alla capacità di apprendere ed imparare dalle persone con cui condividiamo lavoro, studio, interessi, tempo libero.

Massimo Russo (giornalista): Essere una persona di talento significa aver acquisito competenze e saperi specifici; avere la curiosità e la passione di continuare a esplorare e imparare; saper vedere soluzioni ibridando ambiti molto diversi tra loro; essere disponibili a rimettere in gioco se stessi e le proprie rendite di posizione nel confronto con gli altri; non accettare che nulla sia “impossibile perché non si è mai fatto prima”.

Maurizio Carlotti (direttore televisivo): Talento e genialità non sono la stessa cosa. Genialità è capacità di creare dal nulla; talento è predisposizione a trasformare l’esistente. Una persona geniale crede in se stesso e nella sua capacità di creare in solitario; una persona con talento crede in ciò che lo circonda e nella possibilità di migliorarlo. La genialità è intima, il talento è estroverso. E`difficile immaginare una persona di talento sola, mentre l’iconografia del genio lo rappresenta solitario. La genialità è una dote, mentre il talento oltre alle qualità richiede una attitudine specifica. La genialità si può comparare a un elemento chimico puro; il talento è assimilabile a una formula complessa.

Massimo Donà (musicista): Se è vero che la parola ‘talento’ evoca una sorta di capacità innata a fare qualcosa, ovvero una sorta di pre-disposizione a un certo di tipo di attività, è anche vero che la questione posta dalla domanda rinvia a qualcosa che, situato nell’oggi, si colora di una sua specifica connotazione, che va ben al di là del significato generico del concetto in questione. Sì, perché essere ben dotati, oggi, significa qualcosa che può anche divergere completamente rispetto a ciò che poteva voler dire esserlo ad esempio due secoli fa. Insomma, qual è il contesto in cui oggi si inscrive un qualsivoglia soggetto, e in relazione al quale il suo eventuale talento possa essere concretamente riconosciuto e valorizzato come merita? Si tratta, come è facile riconoscere, di un contesto caratterizzato innanzitutto dalla velocizzazione crescente delle trasformazioni. I bisogni, le necessità, i valori, le priorità vengono modificate incessantemente; insomma, nulla dura più di tanto. Per cui diventa sempre più difficile avere il tempo necessario e sufficiente a ridefinire le proprie attitudini in relazione al contesto. Quelle che potevano essere fortunate attitudini solo qualche anno fa, possono essere già diventate obsolete….
Per cui il vero talento oggi consiste proprio nell’essere in grado di rimodellare e aggiornare continuamente le proprie attitudini (con grande velocità ed elasticità) – la vera attitudine è oggi quella di saper rideterminare con la massima prontezza le proprie attitudini, ovvero rendersi capaci di scoprire sempre nuove vie di sviluppo delle medesime.

Emanuele Pettener (scrittore): Quel che ha sempre significato, suppongo: riuscire a pensare, per quanto possibile, con la propria testa. Ovvero, sviluppare un pensiero originale. Difficilissimo, dato che in genere pensiamo pensieri riciclati e diciamo cose già dette, ancora più oggi, bombardati da un malsano concetto di comunicazione. Non siamo più in grado di starcene in silenzio con noi stessi a riflettere – dobbiamo accendere il malnato telefonino e comunicare – ma il talento si sviluppa nel silenzio individuale, in una franca conversazione a tu per tu con noi stessi.

Marino Pagan (ricercatore): A mio parere le persone considerate oggi “di talento” sono soprattutto persone capaci di coniugare con successo molteplici capacità e interessi.
Nel mondo della ricerca, ad esempio, una grande parte delle ultime scoperte e innovazioni è nata dalla comunicazione e integrazione tra vari ambiti del sapere e per merito di persone che hanno saputo cogliere gli aspetti in comune tra le diverse discipline scientifiche. Nel mio campo di studi, le Neuroscienze, gli ultimi anni hanno visto un enorme sviluppo delle ricerche indirizzate a risolvere problemi tratti dall'Economia o dal Diritto, così come si è reso sempre più imprescindibile l'uso di tecniche e strumenti presi in prestito dall'Ingegneria o dalla Fisica.
In quest'ottica, una persona di talento oggi ha la necessità di espandere i propri orizzonti culturali quanto più possibile, comunicando e cooperando con realtà diverse e nutrendo la propria curiosità anche al di fuori del proprio ambito.

Valeria Benvenuti (ricercatrice): Il talento è forse uno dei pochi strumenti di cui i giovani possono disporre per emergere nella nostra società. In un sistema in cui i giovani tendono a standardizzarsi, è l’inventiva, la capacità di intrapresa, la fantasia, ma soprattutto la curiosità che fanno di un soggetto un giovane talentuoso. Essere talentuoso significa massimizzare le proprie capacità per creare qualcosa di innovativo e utile e per trasformare l’oggi in un domani migliore. Il giovane che nasconde i propri talenti sotto terra (come dice il Vangelo) non si mette in gioco, non vuole migliorarsi e rimane uguale a prima: aspetta in sostanza che siano gli altri a decidere per lui. Ed è proprio in questo periodo di crisi in cui i giovani sono più colpiti che c’è bisogno di emergere, di far valere i talenti che ciascuno ha, a prescindere dalla quantità. Ciascuno in base alle proprie capacità è chiamato a svilupparle.

Michele Brunello (architetto): Le persone che esprimono un talento hanno normalmente due caratteristiche: sono persone che hanno i piedi saldamente ancorati a terra e nello stesso tempo hanno la “testa nel cielo”.
La “testa nel cielo” è una caratteristica necessaria che aiuta a osservare la realtà e a ragionare passando dal generale al particolare e viceversa, che porta a sviluppare idee innovative e un pensiero “alto” anche se si affrontano problematiche quotidiane.
I piedi ancorati a terra servono per rendere azioni e idee efficaci e concrete, oltre che per interpretare e codificare le nuove domande della realtà in cui viviamo.
Tuttavia avere un talento e poterlo esprimere è una cosa profondamente diversa.
Per descrivere il particolare “milieu” Italiano in cui, con diverse difficoltà, può esprimersi il talento, mi aiuto con altri due elementi.
E’ necessario il fuoco: l’azione continua anche se caotica, il rilancio, la sfida dei limiti, il rischio. E’ necessario, insomma, il furore del fare accompagnato da una dimensione etica che rende possibile credere in ciò che si sta facendo. Il fuoco dentro.
Infine è necessaria l’acqua, l’elemento liquido che rappresenta lo scambio, la necessaria fluidità che genera circolazione e confronto d’idee, l’instabilità dinamica che non permette l’affermarsi di posizioni rigide e ideologiche, l’impossibilità di stare fermi perché tutto intorno si muove.

Stefano Beraldo (dirigente): Il talento attiene alla sfera delle attitudini. Chi ne ha e non lo tramuta in azioni soffre. Non produce utilità per il pianeta. E nemmeno per se. Non vedo differenza tra avere talento oggi o nel passato.

Andrea Jester (consulente finanziario): Avere la capacità di astrarre e poi fare sintesi, possedere uno sguardo di insieme ma sapere anche intervenire nel particolare contribuendo al completamento del disegno complessivo.